Questo è quanto di Duska Kovacevic

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Capita di rado di imbattersi in pagine di rara schiettezza.

Duška Kovačević, scrittrice croata con alle spalle diverse pubblicazioni spesso trasfigurate anche in reading scenici, si cimenta qui con una prova tanto ardua quanto riuscita: narrare il quotidiano vivere, i suoi dolori, le sue complesse relazioni.
Persone, conversazioni, strade, musei, stanze, riflessioni sul senso del fare che si traducono in quesiti sul senso stesso dell’esistere.

La protagonista attraversa tutto questo mentre prova nel frattempo a scriverlo. Intorno a lei un mondo alienato, una vera e propria campana di vetro che la schiaccia sotto il peso del suo ordine apparente. L’alternativa sarà abbandonarsi a se stessa.
“Arte resuscita sempre”, si legge tra le prime righe del libro. L’impressione è quella – e per tutto il libro – con energia e chirurgico sguardo.

Un’attenta e impietosa analisi di se stessa, delle scelte degli ultimi tempi e di quelle lontane. Un dialogo-monologo cinico, sfacciato con chi è entrato nella privata esistenza per manipolare, approfittarsi, ingannare… un viaggio all’indietro fino alle oscure esperienze dell’infanzia. La ricerca paziente di quanti dei cocci possono essere rimessi insieme. Che – inaspettatamente – sono più di quelli che ci si poteva attendere.

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Descrizione

Autrice, poeta, attrice e performer. È di origine croato-bosniaca. Ha pubblicato il romanzo “L’orecchino di Zora” (Eks&tra, 2007) e le raccolte poetiche “Un seme di luce” (Lietocolle, 2012), “Rossooroblu” (Montag, 2016) e “Tu chiamaci perfetti sconosciuti se hai il coraggio” (Temperino rosso, 2017).”

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