Non più non ancora di Francesca Rosso

13,00

Una scuola privata romana in via Cola di Rienzo, una suora colta e molto amata dagli allievi del liceo classico dove mescola letteratura e cinema, capace di dispensare consigli a ragazzi ricchi e viziati, una superiora severa, Madre Costanza, che ha intuito che la vocazione di suor Chiara è a rischio. Da qui parte la storia della quasi cinquantenne Chiara, suora da oltre trenta anni protagonista di “Non più, non ancora”, inquieta e troppo stretta nelle regole dell’Ordine a cui si è votata. 
La malattia e la morte di sua madre, con cui non ha avuto un buon rapporto, fanno precipitare la crisi latente: Chiara chiede la dispensa per deporre l’abito e dopo un lungo momento di paura, incertezza, sbalordimento, accetta l’invito della consorella Teresa, anche lei spogliata dell’abito ed ora felicemente sposata con Adriano in Brasile, a Fortaleza.

Chiara decide di accettare l’invito dell’amica a parte per il Brasile con pochi bagagli e il progetto di fermarsi un mese ospite di Teresa per capire meglio dove sia diretta la sua nuova vita. Per Chiara si aprono mondi sconosciuti: deve imparare a vestirsi, a pettinarsi, a muoversi in una vita laica praticamente mai conosciuta. Il caldo, la spiaggia fine, i corpi seminudi, le bibite colorate, la frutta esotica mai provata, il costume da bagno, la biancheria intima, le creme solari, la libertà dei rapporti la investono come un ciclone. Un italiano di poco più giovane, Diego, la intriga e l’attrae. Comincia con lui a girare in Vespa con in testa un antiquato casco, in un rapporto che si fa sempre più intimo e coinvolgente, tra attrazione e paura, baci e rinunce. Ma Chiara capisce che il rapporto con Diego non è quello che vuole realmente dalla sua nuova esistenza. 
Sceglie di non tornare in Italia come previsto, anzi accoglie la proposta di trascorrere un mese in Amazzonia, dove un anziano missionario assiste le comunità indios minacciate dalle deforestazione voluta da aziende senza scrupoli che corrompono le autorità locali deprivando interi territori di migliaia di alberi e abbandonando le popolazioni alla fame, alle malattie, al degrado.

Storia di una vocazione diversa, quella di Chiara, di una donna innamorata di Dio ma non di un ordine troppo vincolante e coercitivo, pronta a dare amore agli altri, alle donne, alle ragazze in difficoltà. Un modo diverso di amare, di servire, di vivere consapevolmente i veri bisogni di un territorio ai confini del mondo cosiddetto civile. I modelli che incontra, Renato, Isabella, la pongono di fronte alla sua inadeguatezza e fragilità, ma sapranno essere il vero motore della sua rinascita fisica e spirituale. Una bella storia di crescita, di consapevolezza, di coraggio. 
Nei cinquantuno brevi capitoli in cui che Francesca Rosso organizza la sua narrazione, compaiono atmosfere diverse, diversi climi, foreste inospitali, insetti paurosi, frutti dai nomi impronunciabili, coccodrilli dagli occhi rossi nel buio, ma anche persone straordinarie, inaspettate, capaci di comunicare affetto, empatia, pur provenendo da storie difficili e spesso dolorose. L’Italia borghese in cui è vissuta diventa improvvisamente per Chiara lontana ed estranea.

Forse se ti affidi alla Provvidenza, o a ciò in cui credi, se smetti di voler controllare tutto, se lasci che la vita ti inondi e non costruisci mille argini per costringerla poi a entrare dalle crepe , allora qualcosa rischia anche di andare bene.

Una riscoperta della spiritualità laica missionaria quella che in questo libro si respira, il forte impegno di tanti cattolici italiani di mettersi al servizio degli ultimi della terra, così diffuso e altrettanto poco noto, fa di questo romanzo una testimonianza originale e coraggiosa, espressa con un linguaggio che pur ricorrendo a frequenti citazioni delle Scritture e dei filosofi laici, rimane leggero e accattivante, lirico e coinvolgente. Tanti dialoghi nel testo, rapidi ed efficaci, rendono la lettura agevole e davvero piacevolissima

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Descrizione

FRANCESCA ROSSO

Da bambina scrivevo poesie di notte con una lucina sotto le coperte per non svegliare mia sorella. Al liceo mi chiedevo a cosa servissero tutte quelle versioni e ripetevo il mantra “apre la mente” ma non l’ho ancora capito adesso. All’Università mi sono innamorata del film di Pina Bausch Die Klage der Kaiserin e sono partita per 6 mesi di Erasmus nella Ruhr, in Germania, per incontrarla. Mi sono laureata con una tesi su cinema e danza.

Dopo la scuola di giornalismo di Urbino e più di 10 anni da copywriter ho scritto Cinema e danza, storia di un passo a due per UTET Università.

Ho scoperto che un buon vino su un buon cibo creava qualcosa di speciale sono diventata sommelier AIS e ho seguito corsi professionali di cucina.

Ho scritto Zuppe, zucche e pan di zenzero, la cucina mostruosa di Tim Burton per Il leone verde.

Adoro studiare: ho un master in mediazione culturale e religiosa che mi ha portato a Londra alla Tony Blair Faith Foundation e al Festival Religion Today di Trento e un dottorato sulla dimensione comunicativa della danza nel cinema di Bollywood degli ultimi 20 anni. Il lavoro è stato pubblicato da Aracne: La danza nel cinema di Bollywood.

Per fare ricerca sul campo ho vissuto 3 mesi a Mumbai e uno in giro per l’India. Ho scritto Bollywood Party, blog e-book per La Stampa, il giornale con cui collaboro.

Danzo da sempre e mi piacciono tutte le pratiche di movimento. Dal 2005 pratico yoga e dal 2016 sono diventata istruttrice. Conduco seminari di consapevolezza corporea.
Nel 2009 è arrivata l’odissi, stile classico indiano e quando possibile, vado a studiare a Bhubaneshwar. Il trio con cui danzo si chiama Kalinga.

Nel 2018 ho iniziato a meditare grazie al protocollo MBSR (Mindful based stress reduction) e sto frequentando un master alla Sapienza per poter condividere con altre persone il benessere che viene dal lasciar fluire.

Non più, non ancora (marzo 2019), Golem edizioni, è il mio primo romanzo.

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