“Grande madre acqua” di Živko Čingo

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Lem e Keïten sono orfani, due cani erranti nella Jugoslavia di Tito. Raccattati dalla strada, vivono in un ex manicomio adibito a orfanotrofio, circondati da un muro altissimo che impedisce ai loro sogni di farsi largo nelmondo reale.

Quando i pidocchi invadono la Chiarezza, Lem e Keïten sono scortati sulla riva di un lago e tosati come bestie per arginare l’epidemia. La Grande Madre Acqua li osserva inerme, sola responsabile della loro disgrazia e insieme unica fonte di speranza.

Nell’orfanotrofio vige un clima di terrore. La compagna Olivera Srezoska e il Piccolo Padre tengono le redini di un serrato controllo. L’arte e la risata sono le uniche armi con cui è possibile bucare il muro e sentire ancora il mormorio della Grande Madre Acqua.

Un romanzo lirico e nero, l’antidoto che l’uomo porta con sé fin da quando è bambino per difendere la propria libertà.

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Descrizione

Živko Čingo

è stato uno scrittore macedone (Velgošti, presso Ocrida, 1936 – Ocrida, 1987).

Ambienta di solito le originali prose nel suo paese natio (Paskvelia, 1963; Nuova Paskvelia, 1965), per metà reale, per metà immaginario, in cui si confrontano il passato con il presente, la realtà con il sogno, le superstizioni con il nuovo modo di vivere.

Ha scritto varie sceneggiature per il cinema e drammi per la radio, ma ha raggiunto il successo (anche all’estero) con il primo romanzo La piena (1971), sulla vita, i sentimenti e le aspirazioni di un ragazzo in un orfanotrofio nel primo dopoguerra. Altre opere: Il salto di canguro (1979), Ricerca del futuro (1982).

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